L'Italia meridionale

 Il culto di S. Nicola a Napoli è anteriore allo stesso Giovanni Diacono (880 circa), in quanto il nome del Santo figura già nel calendario marmoreo che è datato fra l'821 e l'841.  Rimanendo in Campania va ricordato che nel 1043 già esisteva il monastero «S.  Nicolai de Gallucanta» nei pressi di Amalfi e nel 1045 una chiesa a Nocera, presso Salerno. 
Per comprendere la vivacità del culto in Campania basti ricordare che è qui che nasce la prima Vita del Santo in latino, e che si avverte un po' ovunque la necessità di altre notizie.  A questa esigenza rispose il monaco Giovanni di Amalfi verso il 950 con tre nuovi episodi riportati nel suo Liber de miraculis.  Il 6 dicembre a Benevento al tempo di Dacomario (1080 circa) già si faceva la festa e venivano anche dai dintorni, come testimonia il documento coevo Adventus S. Nicolai in Beneventum. 
  Il primato di antichità di chiese di S. Nicola in Italia, spetta forse alla Sicilia.  Sembra infatti che in quest'isola, dove la civiltà greca ha avuto una maggiore continuità, uno dei quattro monasteri greci noti per il VII secolo fosse dedicato proprio a S. Nicola. Nell’VIII secolo c'era un monastero presso Siracusa. Né va dimenticato che nel IX secolo furono due siciliani (Metodio di Siracusa e Giuseppe Innografo) a produrre opere notevoli della letteratura nicolaiana.
La chiesa più bella della Sicilia dedicata a S. Nicola è certamente quella di Agrigento, nella Valle dei Templi.  Adiacente al Museo Nazionale Archeologico, risale al XII-XIII secolo e costituisce l'ultimo intervento costruttivo nella Valle dei Templi.  Donata nel 1219 ai Cistercensi, subì non pochi rifacimenti nel 1430.  La facciata è semplice e maestosa, anche se le dimensioni non sono considerevoli. E’ costruita con quello stesso tufo di colore oro giallo rossastro che caratterizza tutti gli antichi templi agrigentini. 
Un capolavoro doveva essere anche la chiesa che si trovava nella zona archeologica di Siracusa.  Costruita nell'XI secolo su una piscina romana, della chiesa originaria resta soltanto l'abside in un edificio che ospita la Soprintendenza ai monumenti.
       Tra gli altri luoghi nicolaiani è opportuno ricordare Noto, con la sua bella cattedrale (che recentemente ha subìto drammatiche vicissitudini), Cammarata (la chiesa ha un imponente portone di bronzo), Ganzirri,  Zaffaria (la cui antica chiesa fu distrutta nel terremoto del 1908), Isnello. 
Forse fu dalla Sicilia che il culto di S. Nicola passò a Malta. Qui, nella chiesa di Siggiewi, si celebra una festa che vede una grande partecipazione popolare.
 
   Nella geografia del culto nicolaiano un posto particolare occupa la Calabria, anche se quanto alle origini  non è sempre facile distinguere tale culto fra Sicilia e Calabria, poiché molti monaci dall’isola fuggirono in Calabria a causa della conquista araba.  Calabrese era comunque quel S. Bartolomeo juniore (981-1055), che come tanti suoi conterranei compose un bellissimo inno in onore del Santo.  E calabrese era il monaco Gregorio di Cerchiara, fondatore verso il 1000 del famoso monastero tedesco di Burtscheid, ove si conserva un'antica icona-mosaico di S. Nicola.
   Da varie pubblicazioni e trascrizioni di antichi codici del territorio reggino (a cura di studiosi come il Guillou) si evince un gran numero di chiese bizantine di S. Nicola. Una menzione speciale merita  la cattedrale di Mileto che, anticamente dedicata alla Vergine, fu per volere del conte Ruggero dedicata anche a S. Nicola che proprio in quegli anni era stato portato a Bari. 
     Anche le origini del culto in Basilicata si connettono alla diffusione del monachesimo grecoTra i monasteri documentati più antichi vanno ricordati il S. Nicola di Tripa, nella regione del Latiniano (1050 c.) e quello di Cir-Zosimo dove il 17 gennaio del 1050 si tenne un'assemblea per eseguire le volontà testamentarie del catecumeno Teodoro.  Altre chiese antiche sono quelle di Colobràro (XI secolo), Lagonegro (XII), Rapolla (XIV), Tolve (XIV), Missanello (XV). 
    
    Molti pensano che il culto in Puglia sia stato fra i più antichi e consistenti. In realtà le testimonianze pugliesi sono più tarde di quelle siciliane, calabresi e napoletane. I primi riferimenti a chiese risalgono alla prima metà dell'XI secolo, con Taranto (già esistente nel 1029),  Bari (fondata nel 1026), quindi Brindisi (già nel 1054), Monopoli (1059) e Troia (1067).   Naturalmente la traslazione a Bari ravvivò il culto già esistente.  Si ebbero così chiese del Santo a Terlizzi (1102), Barletta (1102), Andria (1120), S. Agata di Puglia (1092), Orsara di Puglia (1127), Salpi (1148).  Da notare che, come a Bari, anche a Troia (Foggia) le chiese del Santo erano numerose.
   Alcuni monasteri ebbero una gloriosa storia, come ad esempio quello greco di  S. Nicola di Casole, presso Otranto (Lecce), fondato nell’XI secolo e di cui restano solo i ruderi (ma è stato pubblicato il Typikon conservato a Torino), e quello benedettino dei Ss.  Nicolò e Cataldo in Lecce, fondato dal conte Tancredi di Lecce (1179).
    Molto attiva, ma in epoca più tarda, fu la chiesa matrice di Torremaggiore (Foggia), che non va identificata con la chiesa benedettina del XII secolo esistente nella zona. Una menzione merita, per la sua bella facciata rinascimentale, anche la chiesa di S. Nicola di Squinzano (Lecce). Ma ciò che dà l'idea della diffusione del culto nel Medioevo è, come per la Basilicata, la grande frequenza dell'immagine del Santo nelle chiese rupestri sparse per tutta la Puglia e che furono abitate e frequentate per lo più dal XII al XV secolo.
  Il culto oggi in Puglia non è molto vivo, anche se si notano segni di ripresa.  La maggior parte delle manifestazioni nícolaiane vedono come protagonisti i pellegrini provenienti dall'Abruzzo e Molise e dalla Campania.