Due sculture, a sinistra e a destra, sembrano reggere i terminali inferiori del grandioso arco. Esse racchiudono, col mietitore a sinistra e il vendemmiatore a destra, l’architrave riccamente decorato. Le sculture ap­parentemente sono a sé stanti e, no­nostante l’evidente diversità dal resto della decorazione, creano un senso di congiunzione fra l’arco aggettante e le colonne sostenute dai leoni stilofori. Il pezzo di pietra squadrato col mie­titore, come pure quello del vendem­miatore, poggia su un capitello con due palme incorniciate. Di solito, nel­la scultura romanica del tempo queste due attività agricole vengono inserite nel ciclo di tutti e dodici i mesi (come lungo lo stipite interno della Porta del­la Pescheria del Duomo di Modena o anche nel Duomo di Ferrara o nel bat­tistero di Parma). Nel nostro caso in­vece sembrano raffigurare due delle principali attività (l’altra è l’olio) della terra di Puglia, il grano e il vino.
Il lavoro paziente di questi agricolto­ri segna una pausa di serenità nell’in­tera composizione violenta, nervosa e affannosa del resto della decorazione scultorea. Infatti, a prescindere dagli animali fantastici di cui si è parlato e dalle scene di guerra di cui si parlerà, anche il corredo scultoreo dell’architrave e degli stipiti è particolarmente movimentato.
Nell’architrave, tranne un uomo a ca­vallo, che sembra emergere da quel lungo tralcio che lo attraversa tutto e che corre verso destra, il movimento predominante è verso sinistra. Comin­ciano Adamo ed Eva che si stendono nel paradiso carezzandosi il volto con la destra e cogliendo il frutto proibi­to con la sinistra. È partico­larmente sorprendente la somiglian­za con la celebre Eva scolpita da Gi­slebertus ad Autun. Segue l’uccisio­ne di Caino da parte di Lanach, scena che anche Wiligelmo scolpì sul duomo di Modena. Almeno per queste sce­ne però lo scultore nicolaiano si rivela più approssimativo e grezzo a confron­to dell’eleganza delle analoghe scene di Wiligelmo e Gislebertus.
Nella scultura nicolaiana inoltre la scena è meno evidente. Che si trat­ti della morte di Caino si evince dalla sicura scena precedente di Adamo ed Eva di Gislebertus e dall’analogia con Wiligelmo. Di per sé, infatti, la parte sinistra dell’architrave potrebbe esse­re interpretata come una scena di cac­cia, anche perché fra Caino morente e Lanach emergono le fauci di un ani­male. Ancor meno chiara è l’identifi­cazione del personaggio a cavallo che corre in senso inverso rispetto alla sce­na precedente.
Gli stipiti rientrano nella stessa con­cezione iconografica dell’architrave, come si evince dal tralcio intrecciato che li attraversa perpendicolarmente facendo sì che ogni scena è divisa in due scomparti: al di sopra di ogni figu­ra compare sempre una foglia.
Le sculture dello stipite di sinistra sono poco leggibili, perché più danneggiate dalle intemperie. Sia pure con qualche dubbio interpretativo le scene si sus­seguono secondo questo ordine dall’al­to in basso:
- Due uomini (sempre separati dal tralcio) raccolgono frutti
- Due animali si nutrono addentando verso l’alto
- Due uomini si scontrano. Evidente è l’arma brandita da quello di sinistra - Due uccelli (gabbiani?) beccano l’uva
- Due animali (cani?) ad­dentano frutti
- Il tralcio va a confluire in una coppa dai grandi manici
- Basamento con l’iscri­zione Basi (lius). Le sculture dello stipite di destra sono decisa­mente meglio conser­vate. Proseguendo sempre dall’al­to in basso e sempre col tralcio che divide ogni scena, si ha questa suc­cessione
- Due uomini raccolgono l’uva
- Due uccelli (gabbiani?) beccano l’uva
- Inseguimento. L’uomo di sinistra tra­figge quello di destra in fuga
- Due uccelli (gabbiani?) beccano l’uva
- Due animali (cani?) protesi verso l’esterno addentano frutti
- Inseguimento. L’uomo di destra insegue quello di sinistra (verso la porta) - Due uccelli (gabbiani?) beccano protesi verso l’alto simmetricamente - Due animali (cani) mangiano aven­do il corpo verso l’interno e la testa verso l’esterno
- Il tralcio va a confluire in una coppa dai grandi manici.
Sia al centro dell’architrave in alto sia in fondo ai due stipiti in basso si trova dunque una coppa in cui vanno a con­fluire i tralci con altri racemi, quasi a significare l’analoga fine sia di colo­ro che si affannano (a combattere) sia di coloro che prendono le cose con filosofia (la­vorando pacificamente). Una studiosa di queste tematiche (Chiara Fru­goni), studiando in par­ticolare il Duomo di Mo­dena, parla delle due ca­tegorie principali di que­ste raffigurazioni: i bel­latores (guerrieri, soldati) e i laboratores (lavo­ratori, agricoltori). L’atmosfera è qui la stessa.
Ai lati degli stipiti corrono le due co­lonne poggianti sui due leoni.
Questi due leoni sono tutt’altro che pa­cifici. In uno sforzo che li fa girare ver­so la porta, con le fauci spalancate si preparano a sbranare un animale che tengono fermo con le zampe. Conside­rando l’ottima conservazione del re­sto, si rimane sorpresi a vedere come i due leoni abbiano patito l’incuria del tempo (e degli uomini?). Anche le due prede sono consumate, tanto che quel­la sotto il leone di sinistra appare solo come una base arrotondata e levigata. Abbastanza leggibile è invece il cinghiale che il leone di destra trionfante e soddisfatto tiene rovescia­to sotto le sue zampe.