Le lunette del Gliri

Apprestandosi a lasciare la cripta, prima di riprendere le scale si vedono sulla parete delle lunette dipinte con scene della Vita del Santo. Esse furono realizzate nel contesto di quella grande stagione di trasformazioni che fu il priorato di Giovanni Montero de Spinoza (1655-1674), e che vide come realizzazione più spettacolare il soffitto di Carlo Rosa.
Le cappelle della cripta erano allora quattro: S. Maria delle Grazie (attuale cappella orientale), S. Lucia (ove sono i dipinti di S. Domenico e S. Tommaso d’Aquino), SS. Crocifisso (a destra della tomba, ove ora è il quadro della Vergine), ed Immacolata Concezione (ex cappella dei santi Benedetto, Cirillo e Metodio). Sia queste cappelle che l’intera volta furono restaurate in stile barocco, con stucchi non sempre di elevato valore artistico.
Di questa atmosfera barocca, che ha dominato per due secoli e mezzo, oggi resta soltanto il gruppo delle sei lunette dipinte da Nicola Gliri e dai suoi collaboratori. Il nome del maestro compare nell’ultima lunetta a destra (di fronte alla cappella orientale): Nicolao / intercessio / Nicolaus Glirus / nomen sorte / sortitus est / gratitudinis ergo / opus quod pinge / posuit / A.D. MDCLX.
Con questo latino, non certo ciceroniano, il Gliri apponeva il suo nome su questo dipinto. Senza firma sono gli altri. Secondo P. Enrico Saliani, oltre questa sesta lunetta, attribuibile al Gliri potrebbe essere la quarta (i cittadini innocenti salvati dalla decapitazione), mentre le altre quattro appaiono di una fattura decisamente inferiore, e quindi potrebbero attribuirsi ai suoi allievi.
La prima (in corrispondenza della “colonna miracolosa”) raffigura la nascita di S. Nicola. Il bambino è in piedi in preghiera in un catino assistito da una nutrice, mentre la madre lo guarda con espressione serena e meditabonda.
La seconda lunetta rappresenta l’episodio della dote alle tre fanciulle, il più caratteristico dell’iconografia nicolaiana (corrispondente alle tre palle d’oro). La terza ritrae la famosa leggenda dei tre bambini uccisi dall’oste e risuscitati da S. Nicola.
La quarta è la scena dei tre innocenti ingiustamente condannati alla decapitazione. Mentre i condannati sono piegati attendendo il colpo mortale, S. Nicola ferma la mano del carnefice. La quinta lunetta raffigura l’episodio in cui S. Nicola pone la colonna miracolosa nella cripta con l’aiuto di due angeli. Il gesto di spingerla col piede fa pensare piuttosto alla spinta della colonna nel Tevere, secondo la più tardiva versione del viaggio del Santo a Roma.
La sesta lunetta, quella firmata dal Gliri, presenta la morte del Santo, il cui volto è in ombra. Nicola giace a letto, sorretto da un angelo. Tre astanti sono ai bordi del letto, mentre ai piedi giacciono i paramenti episcopali.