Presbiterio e abside centrale

Due gradini segnano il passaggio dalla navata destra al transetto di destra, da dove si può avere una buona visione di gran parte del presbiterio e dell’abside centrale.
La parete destra, ora spoglia, conteneva sotto gli archetti del ballatoio degli ovali di sante regine. In basso invece fanno ancora bella mostra il bellissimo altare d’argento del 1684 e il grande quadro di “S. Nicola Nero”, particolarmente venerato dai pellegrini. L’altare d’argento ha una sua preistoria: fu donato, infatti, insieme ad una grandiosa copertura, dallo zar di Serbia Stefano Uroš II Milutin nel 1319 ed ha ricoperto la tomba di S. Nicola per vari secoli. Nel Seicento però, quando molte opere d’arte furono sostituite da altre in stile barocco, anche l’altare d’argento subì la stessa sorte. L’iniziativa fu presa dal regio commissario Stefano Garnillo de Salzedo nel 1682. Insieme a candelieri e altri oggetti liturgici, l’altare fu fuso e completamente rifatto dagli artisti napoletani Domenico Marinelli e Ennio Avitabile. Così il capolavoro slavo bizantino scomparve e nacque un capolavoro barocco. Al centro c’è la porticina con due angeli che sorreggono bottiglie della manna, in quanto l’apertura aveva proprio la funzione di permettere il prelievo della manna (il liquido che si forma attorno alle ossa del Santo).
Tutt’intorno (procedendo verso destra) vi sono scene della vita di S. Nicola: di fronte la Nascita, lateralmente Adeodato (il ragazzo rapito dai saraceni, e riportato da S. Nicola ai genitori), nella parte alta del pannello posteriore il passaggio del Santo da Bari, la re­posizione delle ossa e l’arrivo delle reliquie a Bari, nella parte bassa Nicola che risuscita lo spergiuro debitore cristiano, la visita fattagli in carcere da Gesù e Maria, e l’abbattimento dell’albero di Diana, lateralmente a sinistra la leggenda dei tre bambini e, nuovamente di fronte, la morte del Santo.
 
Fino a qualche anno fa, nell’abside destra erano stati collocati alcuni pezzi scultorei di notevole interesse, come l’angelo docente e i due capitelli a stampella, di cui uno con le scimmie.
Oggi si trovano però al Museo Nicolaiano.
Particolarmente preziosi sono gli affreschi dell’abside destra, anche perché gli unici giunti sino a noi. L’autore, Giovanni di Taranto, e la data, il 1304, ci sono noti dalla lettera dell’artista al re di Napoli in cui racconta la sventura di essersi imbattuto in dei briganti che l’avevano derubato. L’affresco raffigura la crocifissione con le donne piangenti e S. Giovanni Evangelista. A sinistra si vede S. Martino, vescovo di Tours, santo nazionale dei francesi, cui è dedicata la cappella, mentre la figura a destra potrebbe essere S. Ludovico, appartenente alla famiglia del re Carlo II.