Presbiterio e abside centrale

Se volgiamo lo sguardo verso il presbiterio, abbiamo di fronte l’area artisticamente più ricca dell’intera Basilica. A cominciare dal ciborio (1110-1120), vale a dire il baldacchino in pietra dai meravigliosi capitelli romanici.
In uno dei due capitelli posteriori fuoriesce dalle tradizionali foglie bizantine una testa di ariete, mentre negli angoli appaiono teste di uccelli dai becchi ricurvi. Esso presenta una marcata analogia con un capitello di S. Apollinare in Classe (Ravenna), il che lo spingerebbe verso una notevole antichità (VII secolo), a meno che l’artista barese non abbia voluto nel XII secolo seguire quel modello. All’elemento animale predominante nei due capitelli retrostanti, che lascia un senso di timore per il mistero nascosto sotto questi simboli, fa riscontro l’elemento angelico dei due capitelli anteriori. Tutti gli angoli sono occupati da angeli con le ali ben visibili e con oggetti liturgici nelle mani. Se un messaggio ci vuol essere è quello della serenità che nasce dal mettersi sotto le ali angeliche, e attraverso il mistero liturgico cristiano vincere le paure del mistero che potrebbe nascondere il male.
Il tutto poggia sul mosaico bizantino-musulmano del primo ventennio dell’XI secolo, con al centro il capolavoro della cattedra dell’abate Elia (1098). Nel catino absidale, infine, in netta dissonanza stilistica, ma doveroso omaggio alla grande regina di Polonia (+1557), c’è il mausoleo di Bona Sforza (1593). Il tutto all’ombra del grandioso soffitto di Carlo Rosa (1661). Data però l’importanza di ciascuno di questi pezzi, è opportuno dedicare loro un discorso a parte.