San Nicola non è l'unico Santo cui è connessa la devozione della manna. È tuttavia innegabile che per questo aspetto della religiosità popolare è il santo per eccellenza. Le testimonianze di questa particolarità del culto sono notevolmente antiche e certamente molta dell'attrattiva della sua figu­ra è legata a questo fenomeno.
Va detto innanzitutto che il termine manna, da tempo in uso nella chiesa occidentale e specificamente riferito a San Nicola, è alquanto fuorvian­te. Il pensiero va infatti a quel cibo leggero piovuto dal cielo per salvare dalla fame gli Israeliti che in fuga dall'Egitto erano diretti alla Terra pro­messa[1]. Anche il termine originale greco di "myron" non coglie adeguatamente la realtà, in quanto fa pensare ad una sostanza oleosa, mentre in real­tà la manna è acqua pura, che in termini chimici è detta "quasi pura" non per la presenza di elementi oleosi, ma per la presenza di altri normali com­ponenti chimici[2].
Negli scritti su San Nicola anteriori all'VIII secolo non vi sono riferimenti alla manna. Il primo a parlarne è anche il primo biografo del Santo, cioè Michele Archimandrita (per molto tempo erroneamente identificato con San Metodio, patriarca di Costantinopoli). Questo primo agiografo di San Nicola affermò che sin dal momento della sepoltura del Santo, dal corpo cominciò a sgorgare un oleum che era una "salutare e vivifica medicina" in grado di liberare da "ogni potenza avversa e maligna[3]. L'espressione di Michele per quest'oleum è "myron", il termine evangelico per uno dei doni a Gesù bambino da parte dei re magi, che viene ricordato anche come una soluzione di unguento profumato portato nella tomba di Gesù da Giuseppe di Arimatea.
Successivamente, nel suo inno in onore di San Nicola, fece riferimento alla manna Teodoro Studita 826)[4], ma senza apportare elementi nuovi rispetto a Michele Archimandrita.
Alla prima metà del secolo IX risalgono i testi poetici dello Pseudo-Romano (Romano il Melode era vissuto fra il V e il VI secolo) e di Giuseppe Innografo. Il primo ama giocare poeticamente col termine "myron" che richiama Myra, la città di cui fu vescovo San Nicola, e richiama il contrasto fra il profumo del myron e il cattivo odore del peccato: "Tutto quanto nel mio cuore è fetido, profumalo tu con il myron delle tue preghiere[5].
Giuseppe Innografo (+886), nell'ode IX di un canone in onore del Santo, sintetizzò poeticamente tutti questi aspetti del fenomeno:
Il tuo sacro corpo, che santamente a Myra riposa, emana un profumato myron in continuità, che, cosparso a chi si avvicina, il cattivo olezzo delle passioni scac­cia, o Nicola, e la schiera dei demoni mette in fuga[6].
Su questo autorevole sfondo agiografico e poetico, intorno al 900 d.C. toccarono l'argomento anche Niceta di Paflagonia in un suo celebre enco­mio, nonché il Sinassario costantinopolitano, la Vita Compilata (che fonde quella del nostro con la Vita di Nicola Sionita) e l'omonimo autore dell'en­comio "Mneme Dikeu".[7]
Fra i racconti inseriti verso questo periodo nell'encomio dello Pseudo-Metodio il più esplicito sulla manna è "Il sacerdote di Mitilene Cristoforo". Questo sacerdote, dice il racconto, "aveva l'abitudine, in occasione della festività dal Santo, di partire per Myra di Licia a venerare il santo sepolcro ed attingere la sacra essenza che scaturisce dalle reliquie del santo, per portarsela poi con sé a protezione sua e della sua casa". La fedeltà a San Nicola ebbe una manifestazione clamorosa in un tragico momento della sua vita. Catturato dai saraceni durante una navigazione, fu presto condannato alla decapitazione. Terrorizzato, invocò San Nicola, il quale gli apparve dicendogli di aver fiducia in lui. Mentre chinava la testa, vedeva sia il boia che San Nicola. Appena il barbaro fece per calare il colpo mortale, la spada gli sfuggì di mano, finendo lontano. Udendo da Cristoforo che era intervenuto San Nicola, il boia si convertì e portò quel devoto fino a Bisanzio[8].
Tra IX ed XI secolo si formò anche l'ufficiatura italo-greca, che sembra ricalcare i motivi di Romano il Melode e di Giuseppe Innografo (non va dimenticato che quest'ultimo, come del resto il patriarca Metodio, era siciliano). A parte comunque i canoni e altre preghiere dell'ufficio divino, che praticamente coincidono con quelli della chiesa ortodossa greca (a causa delle comuni origini fantine), non mancano delle particolarità che qui è opportuno segnalare.
Come esempio di innografia italo-greca anteriore alla traslazione a Bari è opportuno qui menzionare l'opera di San Bartolomeo Juniore (981­1055). Questo celebre santo, nell'ode IV del suo canone in onore di San Nicola, mette in rilievo sia la manna che stillava dalla tomba odorosa sia il suo significato spirituale:
essendo tu profumato
dall’unguento delle virtù, o beatissimo,
da Dio fosti ritenuto degno
di ricevere il governo dei Myresi,
ed ivi stabilendoti
profumasti il mondo intero
con la fragranza dei tuoi miracoli.
Ed ora versando unguento
dalla tua tomba odorosa
profumi anche noi.[9]
 
Negli anni immediatamente successivi alla traslazione ne scriveva il monaco Stefano[10]. Nell'ode prima infatti fa diretto riferimento alla nuova situazione delle reliquie di San Nicola: La città di Mira ti aveva prima quale porto, difesa e liberatore dalle malattie spirituali; ora invece ti possiede Bari e aper­tamente se ne gloria moltissimo. E nella quarta: La fortunata città di Bari odora dei tuoi innumerevoli benefici, o Santo, e per questo gioisce e se ne vanta, ha ricevu­to infatti un favore mai avuto prima.
Ancor più esplicito è nella parte introduttiva alle odi: Una volta la sacra urna delle tue spoglie, o Nicola, profumava Mira con la fragranza dei tuoi prodigi, ed ora si affretta a far risplendere e ad arricchire tutta l'Italia insieme con la Sicilia e la Calabria, spargendo gratis ed abbondantemente la guarigione. Infatti, le tue ossa sono fonte di salute per coloro che ad esse si acco­stano e le onorano[11].
 
 P. Gerardo Cioffari OP
 
 
 
[1] Cfr. Esodo, XVI, 14-36; Numeri, XI, 7-9; Deuteronomio, VIII, 3, 16.
[2] Vedi i risultati dell'analisi del Laboratorio di Chimica Generale eseguita a Bari nel 1925. In P. Scognamiglio, La Manna di S. Nicola, Bari 1925, p. 117.
[3] Cfr. Vita per Michaelem, c. 41. In M.T. Bruno, S. Nicola nelle fonti narrative greche, Bari 1985, p. 43.
[4] In J.B. Pitra, Analecta Sacra. Spicilegio Solesmensi, t. 1, Parisiis 1876, pp. 355-358, strofa 8.
[5] Cfr. R. Scognamiglio, Inni di Romano il Melode, Bari 1985, pp. 31, 47.
[6] Cfr. A. Kominis (a cura di), Analecta Hymnica graeca, IV. Canones Decembris, Roma 1976, pp.
[7] Cfr. G. Cioffari, S. Nicola nella critica storica, Bari 1987, p. 212.
[8] Cfr. M.T. Bruno, S. Nicola, p. 97
[9] Cfr. G. Giovannelli, Gli inni sacri di S. Bartolomeo Juniore, Grottaferrata 1955, p. 325.
[10] Papas Damiano Como, nei testi liturgici dell'Oriente cristiano, Palermo 1979, p. 147, lo dice "probabilmente della Calabria". Io opterei per la Sicilia. Infatti l'ode VII apre con
queste parole: Tu, o San Nicola, ti allontani da Mira e profumi la terra con i tuoi prodigi e irrori la Sicilia e tutto l'universo (ivi, p. 151).
[11] Cfr. S. Nicola. Testi liturgici dell'oriente cristiano, cit., pp. 147-153.