Il settecento

      Tra la seconda metà del secolo XVII e la prima del XVIII, almeno a giudicare dall’insistenza dei riferimenti sui restauri,  il convento raggiunse le proporzioni che vediamo ancora oggi nel palazzo della Prefettura. Solo che, non essendoci il borgo murattiano, bisogna immaginare il convento con l’entrata principale a sinistra della Chiesa e i locali accessori in prossimità delle mura della città che davano sul retro del convento. La via tra il convento e le mura doveva essere una via quasi solo di transito di carri e cavalli. Su di essa davano alcuni ambienti, come ad esempio la stalla, la cantina e il deposito della legna. Altri ambienti, per vari motivi (non esclusi quelli economici) erano fittati, mentre altri erano riservati alla Confraternita. Ecco perché, nonostante la grandezza non comune del convento, la comunità contava soltanto dai sette ai dieci padri, oltre a sei o sette fra novizi e fratelli cooperatori.
    La comunità mantenne poi un tenore di vita tradizionale, in cui lo studio e la predicazione avessero il primato sulle osservanze regolari. Non fu quindi mai annoverata fra le comunità di stretta osservanza, che erano tra le otto e le dieci nella provincia di Puglia. L’elevato livello culturale e pastorale raggiunto dai frati alla fine del Seicento fece sì che, come per altri conventi ugualmente attivi, i vescovi diocesani cominciassero a scrivere al maestro generale per avere professori nei seminari della diocesi. I primi frati ad essere chiamati ad insegnare nei seminari si ebbero al tempo del già menzionato arcivescovo domenicano Tommaso Maria Ruffo, e furono Lorenzo Fontana chiamato ad insegnare filosofia, e fra Michele Nanea di Lecce che venne ad insegnare teologia morale non solo ai chierici ma anche ai laici. Nel 1701, scrivendo ai Padri riuniti nel capitolo provinciale di Monopoli, il maestro Antonino Cloche si congratulava per i domenicani che con soddisfazione dei rispettivi vescovi insegnavano nei seminari di Bari, Taranto e Monopoli[1].
Nel 1732 insegnava nel seminario barese Alberto Foscarini, e quattro anni dopo dava inizio al suo corso di filosofia fra Raffaele De Cicco. Nel 1744 a tenere i corsi sia di filosofia che di teologia dogmatica era un barese, tale fra Pietro Marzio Rinaldo.
Il fenomeno si protrasse anche nella seconda metà del XVIII secolo, con fra Domenico D’Auria che a partire dal 1757 tenne lezioni per otto anni. Già l’anno dopo iniziava i corsi il padre Ludovico de Mola, rinomato per essere stato il confessore di una terziaria domenicana morta in odore di santità e sulla quale scrisse una Brieve relazione. Nel seminario barese insegnò filosofia e teologia, ottenendo al termine ampi  riconoscimenti diocesani, anche se subito dopo nel contesto della sua elezione a priore sorsero nella comunità vivaci contrasti.  A continuare i corsi fu fra Ludovico Andrighi, mentre alcuni anni dopo fra Pio Tomasicchio oltre che all’insegnamento si dedicò a coadiuvare l’arcivescovo. Egli ebbe poi il titolo di predicatore generale ed altri compiti nella provincia di Puglia, chiudendo gli occhi nel Signore nel 1783 proprio nel convento di S. Domenico. Negli anni ottanta insegnarono i padri Ludovico Barberi e Vincenzo Dormio[2].
La terziaria domenicana di cui si è fatto cenno è Maddalena de Tullio che morì nel 1746 e fu sepolta nella chiesa di S. Domenico presso l’altare di S. Rosa. La sua fama varcò i confini del Regno e la sua vita santa fu conosciuta anche dai padri del capitolo generale del 1748 che ne tesserono l’elogio. Dopo di che il P. Ludovico de Mola, suo confessore, ne scrisse la Vita. Presso il suo sepolcro fu apposta un’epigrafe che fu rielaborata alquanto nel 1788 in occasione dei lavori di restauro:
 
D.O.M.
HEIC.IN.XPI.PACE.OBDORMIT
MAGDALENA. DE. TULLIO
TERTIUM.DOMINICANAE.FAM.ORDINEM
SUB.SANCTI.VINCENTII.TITULO.PROFESSA
QUAE.SUMMA.INNOCENTIAE.VIRTUTISQUE.LAUDE
ANN.VIXIT.XLVIII.M.V.D.XXIII
OBIIT.EID.OCT:ANN.MDCCXLVI
EIUS.CORPUS.VETERE.IN.TEMPLO
SEGREGI.CONCREDITUM.TUMULO
QUINQUE.INDE.POST.ANNOS
SUBITARIO.UT.LICUIT.LOCULO.DEPOSITUM
IN.HOC.TANDEM.NOVITER.EXTRUCTO
REQUIETORIO
BARIENS.COENOBII.FRATRES
NOVO.ETIAM.ADDITO.ELOGIO
SEORSIM.MEM.HONORISQUE CAUSSA
POSUERE.ANN.MDCCLXXXVIII
 
 
Va detto anche che un’altra terziaria,  suor Francesca Pacifico di Capurso, che ebbe come confessore il P. Tommaso Barone, secondo molte testimonianze visse in santità di vita[3]. Il che conferma quanto detto sul buon lavoro dei padri di S. Domenico di Bari nel campo della pastorale.
La vita conventuale fu però turbata da dissensi e forse gelosie, che inizialmente videro proprio il P. De Mola al centro dell’attenzione. Diversi frati lo accusarono nel 1766 di aver sperperato il denaro (il testo dice “assassinato il convento”) per lavori la cui necessità era tutta da provare[4].
E’ davvero difficile farsi un’opinione su argomenti simili. La storia di tutti i conventi è costellata di vicende legate ai restauri, per alcuni necessari per altri no. D’altra parte tali restauri mettevano a dura prova le casse conventuali, come nel 1754 quando i padri scrissero al maestro generale rilevando la necessità di restauri alla chiesa e la mancanza di fondi. Il maestro generale esortò gli altri conventi della Puglia a dare una mano a quello barese, ma dalle successive vicende sembra che questi non si dessero per inteso. Allora il maestro generale alleggerì il convento permettendo di diminuire le presenze in esso[5]. Di questa situazione barese tennero conto i padri che si riunirono in consiglio di provincia a Giovinazzo il 6 maggio 1768 allorché esentarono il convento di Bari dalle tasse alla provincia. Mentre i conventi benestanti furono tassati per 12 ducati, gli intermedi per 6, Bari insieme ad altri conventi come Parabita e Mola ne fu esentato [6].
Nel 1770 a suscitare parecchi malumori fu l’elezione a priore del P. Prospero del Core, priore di Mola. A protestare per l’irregolarità dell’elezione fu il predecessore, P. Agostino Tomasicchio. Fatto sta, è difficile però dire se a motivo di queste proteste o meno, che il provinciale di Puglia cassò l’elezione. Ma il partito favorevole al Del Core non si arrese e ricorse al maestro generale[7].
Sembrerebbe che tra gli anni sessanta e settanta si fossero formate due fazioni, una favorevole l’altra contraria al P. Ludovico de Mola. Infatti il Tomasicchio non si limitò ad attaccare il Del Core, ma se la prese anche col de Mola. A complicare la già intricata situazione fu anche un episodio che tirò in causa i canonici della Cattedrale. Dato che i domenicani si rifiutavano di fare la comunione fuori della messa, furono accusati di “novità” liturgica. Già con animi scissi all’interno i frati ora dovevano difendersi anche dall’esterno, tanto più che qualcuno denunciò la cosa alla Real Camera di Napoli[8].
Ma nemmeno questo riuscì a placare gli animi. E’ difficile dire se una curiosa lettera del già menzionato P. Dormio sia da leggersi in questo contesto di tensioni. Sta di fatto che l’8 marzo 1788 scrisse ad un padre pugliese che aveva un certo peso nella curia generalizia di Roma, il P. Giuseppe Salicati. Nella lettera gli chiedeva di non fare nominare il P. Ludovico de Mola rettore del collegio di Barletta. E aggiungeva: Mi son mosso a pregarLa, perché oltre l’età avanzata ed aggiacchi che lo dianzi mentovato maestro soffre e ritiene, ritornarebbe in danno del convento l’assenza di costui e sarei anch’io caricato di gravantissimo peso, per motivo che qualora mancasse il predicator del Rosario, non essendoci chi supplisca, dovrei assumere io questo uffizio, io che tengo sulle mie spalle due monasteri di monache ed il seminario[9]. Il tentativo di bloccare la nomina del padre Ludovico de Mola a rettore del collegio di Barletta non riuscì, poiché soltanto dieci giorni dopo questa lettera arrivava la suddetta nomina: P. Magister Ludovicus Mola institutus est rector Collegi Baruli [10].
Il secolo volgeva dunque al termine con questa duplice immagine dei domenicani di Bari, tendenti ad una certa litigiosità nella vita conventuale, ma al contempo notevolmente attivi, preparati e impegnati nella vita pastorale. Un segno del loro coinvolgimento nella vita culturale del tempo è dato dalla scelta che nel 1787 fece lo storico-archeologo Emmanuele Mola (1743-1811) della Chiesa di S. Domenico come luogo di sepoltura della bimba che gli era nata e che era morta a poco meno di quattro mesi. L’epigrafe è un componimento di struggente dolore, che rivela l’umanità di uno studioso che apparentemente viveva solo di ricerche e di ideali libertari. Data l’importanza del personaggio nel panorama culturale di fine XVIII secolo, l’episodio dovette creare attorno alla chiesa di S. Domenico una particolare atmosfera. Ecco il testo dell’epigrafe:
 A                        Px                       Ω
HEU.NATA.HEU.DULCIS.CU.I.NUNC.ME.DESERIS.ECQUID
TE.SINE.NUNC.MISERO.VITA.DIES.PRODERUNT
FATA.ADIMUNT.ANIMAM.DUM.ADIMUNT.TE.UTRIQUE.PARENTI.
DILANIANTQUE.GRAVI.PECTUS.UTRIQUE.MANU.
TANTUM.DIRA.VALENT.TANTUM.MORS.IMPIA.SAEVIT
PARCE.MODO.ILLECEBRIS.NE.FURE.DIVA.IOCIS
AT.SI.VOTA.QUEUNT.SUPEROS.MULCERE.PRECANDO
DENT.ROGO.DENT.SALTEM.MOLLITER.OSSA.CUBENT
***
AMALIOLAE.FILIAE.OPTATISS.ET.SUPRA.AETATEM
VIVIDISS.QUAE.ANNUM.VIX.M.III.D.XXI.CONTRA.VO
TUM.EREPTAE.EMMANUEL.MOLA.I.C.ATQUE.REGA
LIS.BARIENS.LYCEI.PRAEFECTUS.PATER.INFELIX.AC
MOERORE.EXSTERNATUS.HEIC.CORPUSCULUM.SCI
TISSIMUM.MULTIS.CUM.LACRUMIS.SEGREGE
IN.REQUIETORIO.POS.VIII.KAL.SEPT.R.S.A.
MDCCLXXXVII
 
 
[1] Esposito 1998, 66 (fonte AGOP IV, 195, f. 244v-245v).
[2] Ivi, pp. 152-153 (fonte AGOP IV, registri 208, 211, 212 e 228).
[3] Cappelluti 1991, 186.
[4] D’Addosio, Cassetta 17. C. 7. Autodifesa del P. De Mola, priore, accusato di aver assassinato il convento, averlo aggravato di debiti, per fabricare, avendo fatto lavorare molte fabriche ora non necessarie. [...] Dal marzo 1766 a tutto dicembre 1766 col consenso di tutti li religiosi si sono spesi alle fabriche nuove, come dal Libro dell’Esito della Fabrica docati 2347 -82-1. E’ provenuto questo denaro da Gravina la mag.r parte ad annuo censo 2060. - Ai ff. 4-5v: Notamento delle nuove fabriche fatte nel convento di S. Domenico di Bari dal marzo 1766 per tutto novembre 1766. -Misurate furono le medesime dal sig. Gius.e Colella Puplico Ingegnere sono riuscite palmitelli 114296 e 1 e mezzo. Dettagliato sul convento, ma non parla della chiesa.
[5] Esposito 1998, 214 (fonte AGOP IV, 224, f. Iv, 9 giugno 1754)
[6] AGOP IV, 183, f. 114v.
[7] D’Addosio, Cassetta 17, c. 8. – Fatti e ragioni dell’Elezione canonicamente fatta nel Convento di S. Domenico di Bari a 11 di giugno del 1770 in cui con maggioranza di voti fu eletto in Priore il P. Lettore I. Prospero del Core, attuale Priore del convento di S. Domenico di Mola, da presentarsi al rev.ssimo P. M. Generale F. Gia.nto de Boxadors in grado di Appell.ne del decreto di cassaz.ne fatto dalla Prov.a di Puglia.
Dopo la narrazione delle vicende elettive, si confutano dettagliatamente le contestazioni del P. Tomasicchio, precedente priore.
[8] D’Addosio, Cassetta 17, 9. – Calunnie del P. f. Agostino Tomasicchio publicate contro del suo proprio superiore P. Baccell.o A. Ludovico de Mola, Priore di S. Domenico di Bari e reggistrate nella sua istanza criminale al P. Prov.le in questo scritto discoperte.  1771 circa. - 10 . – Breve dettaglio di fatti e ragioni in difesa del P. Ludovico Mola Baccelliere dell’Ordine de’ Predicatori. Per gli Sigg.ri della Real Camera che devono consultare S. M.  L’attacco al P. Ludovico veniva dalla Curia Capitolare di Bari. Si allega un fascicolo del Capitolo contro il P. Ludovico.
[9] Esposito 1998, 206 (fonte AGOP XIII, 21).
[10] Ivi (AGOP IV, 249, p. 29).