Dall'abate Eustazio alla fine del dominio normanno

     L’opera di Elia fu continuata dall’abate Eustazio, l’intraprendente fondatore del monastero di Ognissanti di Valenzano, a pochi chilometri da Bari. Appena ottenuta l’esenzione dall’arcivescovo di Bari, grazie all’intervento di Boemondo presso il papa Pasquale II, Eustazio si mise all’opera realizzando nel primo ventennio del XII secolo l’arredo scultoreo del Portale centrale e il Ciborio dell’altare maggiore della chiesa superiore. Anche se non vi sono narrazioni sui primi tempi della Basilica, l’opera di Eustazio è attestata dall’iscrizione che corre sul gradino superiore del presbiterio, frontalmente a chi guarda. I lavori procedettero mentre le strade della città erano insanguinate da lotte tra le fazioni, fino a che nel 1119 non emerse Grimoaldo, colui che nell’intitolazione della pergamena azzurra si chiamerà: Grimoaldus Alferanites, gratia Dei et beati Nikolai, Barensis Princeps[1].
 
     Al decennio di Grimoaldo seguì la nascita del Regno di Sicilia, col conte Ruggero II che divenne il primo re della nuova monarchia. Sconfitto e mandato Grimoaldo in catene in Sicilia, Ruggero il Normanno nel 1132 sostituì il riquadro sull’architrave di S. Nicola, ponendone uno di smalto raffigurante S. Nicola che lo incorona, segno che anche la Puglia ormai orbitava nel regno di Sicilia. Al periodo di Ruggero II dovrebbero risalire le due gallerie esterne in corrispondenza dei matronei, che peraltro sono improntati a stili estremamente diversi. La galleria nord è costituita da una lunga serie di colonnine con capitelli con teste umane e di animali. Anche la galleria sud è articolata in questo modo. Tuttavia le teste dei capitelli della galleria nord sprigionano un non so che di primitivo tendente al mostruoso, quelle della galleria sud sono intonate ad un’apparente inespressività. Le labbra sono strette e piccole, ma lo slancio verso l’esterno dà loro un’aura di solennità e di energia.
      L’anno dopo la morte di Ruggero II, vale a dire nel 1155, la città ritenne di potersi emancipare dai Normanni di Sicilia e accolse un contingente greco. Il re Guglielmo il Malo però non poteva permettersi di perdere una piazzaforte così importante. Ai primi di giugno del 1156 si presentò sotto le mura e diede due giorni di tempo ai Baresi per lasciare la città con tutte le loro cose. Quindi la rase al suolo, non risparmiando neppure le chiese[2]. Solo  S. Scolastica e la Basilica si salvarono. La prima, perché badessa del monastero era Eustochia, sorella dell’ammiraglio Maione, che eseguì materialmente l’ordine di distruzione della città[3]. La seconda, sia perché era stata l’ultimo baluardo per le forze normanne sia per la venerazione che il Santo godeva in tutto il mondo normanno europeo.
 
    Fra le tracce principali di questo periodo è opportuno menzionare:
  1. Ciborio di Eustazio (1115 circa)
  2. Iscrizioni dell’architrave e sugli scalini.
  3. Pergamena azzurra del principe Grimoaldo Alferanite (1122)
  4. Smalto di Ruggero II incoronato da S. Nicola (1032)
  5. Corona di ferro di Ruggero II (1132)
  6. Pergamena di Ruggero II (patti giurati con la città) 1132.
  7. Esaforati (gallerie esterne ai matronei)
  8. Torre normanna, ora “campanaria”.
 
 
[1] CDB V, doc. 69, p. 121.
[2] Cfr. Ugo Falcando, Historia de tirannide Siculorum, in Del Re, Cronisti e scrittori sincroni napoletani, I (Napoli 1845), pp. 297-298.
[3] Cfr. Francesco Lombardi, Historia del Monasterio di S. Scolastica della città di Bari, a cura di Franco Zippitelli, Bari 1981, p. 18.