Bari tra oriente e occidente, dal medioevo ad oggi

di fr. Gerardo Cioffari op
 
1. Dalle origini alla fine del dominio bizantino (1071)
La città di Bari viene menzionata più volte dai classici latini (Livio, Orazio, Tacito), ma fu solo dopo la dominazio­ne dei Longobardi (un popolo barbaro Germanico), tra il VII e la prima metà del IX secolo che raggiunse il primato fra le città della regione appula (sud­est della penisola italiana).
Curiosamente la città viene alla ribal­ta della storia solo grazie alla conqui­sta musulmana dell’841. Trovandosi la Sicilia già sotto la dominazione musulmana, il nuovo pericolo per il Mezzogiorno d’Italia spinse vari croni­sti a parlare di Bari. La tragedia che dovette vivere la popolazione cristiana ebbe però anche un risvolto positivo: i musulmani aprirono alla città nuove rotte commerciali, come l’Egitto e so­prattutto la Siria.
Altro risvolto dell’occupazione musul­mana fu il primo incontro fra Oriente e Occidente. Allo scopo di neutralizzare il pericolo musulmano nel sud Italia sorse una strana alleanza tra l’imperato­re bizantino Basilio il Macedone e l’im­peratore dei Franchi Ludovico II. No­nostante le reciproche incomprensioni ed accuse (anche sui titoli imperiali) finalmente nell’871 Bari fu liberata.
Nell’876 i Franchi si ritirarono e i Bi­zantini crearono il Thema o provincia di Longobardia, inizialmente con capi­tale Otranto.
A questo primo incontro politico seguì quello religioso. Sotto l’imperatore Ni­ceforo II, forse nel 968, furono appor­tate delle innovazioni religiose tenden­ti a “grecizzare” le popolazioni latine della Puglia, Basilicata e Calabria. In concomitanza con queste innovazioni, Bari fu scelta quale sede del Cate­pano, la massima autorità politica e militare bizantina in Italia (in qualche modo “capitale” dell’Italia meridiona­le bizantina). Il tentativo di grecizza­zione non ebbe molto successo, tranne che per il Salento, il sud della Puglia del resto già profondamente grecizzato da due secoli.
L’afflusso del clero greco-bizantino non creò scompiglio nella società pugliese: i latini vissero pacificamente fianco a fianco ai bizantini, consapevoli del­la legittimità di entrambe le tradizio­ni. Né i papi si preoccuparono molto, essendo impegnati a fondo nelle lotte intestine delle famiglie romane e nel braccio di ferro con gli imperatori.
La pace si ruppe nel 1054 a causa di Michele Cerulario, il quale aveva fatto fallire la grande alleanza bizantino-pa­pale-tedesca contro i Normanni, che si risolse con la micidiale disfatta ad ope­ra dei Normanni con il papa che finì loro prigioniero. Il Cerulario, infatti, nel 1053, proprio nel momento nevralgico della guerra, tramite una lettera dell’arcivescovo di Ochrid a quello di Trani (in cui criticava le usanze lati­ne del pane azzimo e dei digiuni, au­spicando l’introduzione in Puglia di quelle bizantine), scompigliava i piani degli alleati creando un’atmosfera di sospetti reciproci. Con alle spalle la disfatta di Civitate, l’umiliazione del Papa prigioniero dei Normanni, tanto che nel 1059 con drastica inversione di rotta fu costretta a farseli alleati, Roma perse la pazienza e scomunicò il Patriarca che aveva fatto fallire l’alle­anza pazientemente tessuta da Argiro. Cerulario ritorse la scomunica contro Roma. Lo scisma sarebbe stato com­pleto dopo il 1204, quando cristiani occidentali saccheggiarono Costan­tinopoli. Purtroppo, nonostante che papa Paolo VI e il patriarca Atenagora abbiano nel 1965 abolite tali scomuni­che, la divisione è ancora in atto.
 
2. L’arrivo delle reliquie di San Nicola (1087)
Nel 1071, dopo tre anni di assedio, Bari fu conquistata dai Normanni, un popolo Vichingo da tempo stanziatosi nel nord della Francia e quasi latinizzato. Cin­que anni prima altri Normanni aveva­no conquistato l’Inghilterra. Quanto a Bari, la perdita del ruolo di “capitale” (spostata a Salerno, quindi a Palermo) ebbe come conseguenza una grave cri­si commerciale, che fu sanata però 16 anni dopo in termini religiosi. Circa 62 mercanti si erano diretti come al solito ad Antiochia a vendere cereali e com­prare stoffe, ma trovarono Antiochia (dal 1085) governata da musulmani. Considerando il grande rischio che le reliquie di San Nicola stavano corren­do ed il grande vantaggio per la città di Bari (dove il suo culto era da tempo molto vivo), fecero tappa a Mira (la cit­tà episcopale del Santo nel IV secolo) e se ne impadronirono. Grazie alle reli­quie di San Nicola Bari divenne famosa in Europa e pellegrini da ogni nazione vennero a venerarle.
Con l’arrivo delle reliquie Bari divenne ancora più famosa di prima. È difficile trovare qualche cronaca di quei tempi che non abbia registrato l’evento. Gen­te di ogni provenienza, dall’Occidente come dall’Oriente, giunse a Bari a ve­nerare il Santo dei naviganti.
Secondo lo storico Guglielmo di Tiro (fine XII secolo) Pietro l’Eremita venen­do da Gerusalemme nel 1094, si fermò a Bari. Dopo di che cominciò a predicare la Crociata al grido: Dio lo vuole!.
Data la presenza delle reliquie di San Nicola fu del tutto naturale che Bari divenisse uno snodo fondamentale nel corso della Prima Crociata.
Secondo lo storico Fulcherio di Char­tres (che viaggiava con loro), i grandi cavalieri dalla Francia, Normandia e Fiandre, come Ugo di Vermandois, Roberto di Normandia e Roberto di Fiandra vennero a pregare sulla tom­ba di S. Nicola prima di imbarcarsi per Costantinopoli o Gerusalemme. Come fu del tutto naturale che il papa Urbano II nel 1098 scegliesse Bari come sede del Concilio che avrebbe dovuto appianare le differenze tra Greci e Latini per il successo della Crociata. Tra i partecipanti c’era il più grande pensatore del tempo: An­selmo di Canterbury. Nel frattempo la traslazione del Santo a Bari veniva vissuta in modi diversi. Mentre i Gre­ci erano delusi per aver perso reliquie tanto preziose, i Russi cantavano gio­iosamente: Felice, beata è la città di Bari; il mare si è santificato per il suo passaggio. Anzi, istituirono la festa liturgica in cui ancora oggi si inneggia a Bari.
 
3. Ponte fra Oriente ed Occidente nel nome di San Nicola
Nel 1156 Bari fu rasa al suolo dal re normanno Guglielmo il Malo. Soltanto la Basilica e il monastero femminile di S. Scolastica furono risparmiati. Per oltre due secoli i pellegrini furono soliti chiamare la città Porto di San Nicola o semplicemente San Nicola di Bari.
Nella nota mappa (immagine a destra ndr) di Matteo Paris (+ 1259), men­tre altre città sono chiamate col loro nome, Bari è segnata come San Ni­cola di Bari. Tra i pellegrini degna di menzione è S. Brigida di Svezia, che venne nel 1366 e 1369 (ne parla nel Libro delle Rivelazioni), e che cucì sul suo cappello di pellegrina il simbolo nicolaiano delle tre palle, cioè i sacchetti di monete d’oro in dote alle fanciulle povere.
Dalla Serbia ortodossa molti furono i doni: l’altare d’argento di Uroš II Milu­tin, l’icona grande di Uroš III Dečanski, i tributi a lui dovuti da Dubrovnik di Stefano Dušan. Pellegrini arrivarono anche dalla Russia, come quel Bar­laam che venne nel 1459 e riportò in Russia un’icona comprata a Bari.
Come nel 1054 Bari ebbe un ruolo im­portante nello scisma, oggi sta aven­do un ruolo notevole sulla via verso la riunificazione dei cristiani. Solo un anno dopo dalla rimozione delle scomuniche del 1054, cioè nel 1966, nella cripta di San Nicola veniva edi­ficata la cappella ortodossa, benedetta da Gennadios Zervos a nome del Pa­triarca Ecumenico.
Benché a Bari ci sia una bella chiesa russa ortodossa, i pellegrini vengono quotidianamente alla nostra Basilica a venerare il Santo.
Persino i Protestanti guardano a San Nicola con amore e simpatia, grazie al fatto che molte delle loro città medio­evali sono sorte attorno ad una chiesa di San Nicola. Senza dire della simpa­tia che ispira Santa Claus, legato al mondo dei bambini.
La città di Bari, nel nome di San Nicola (venerato o amato da tutti i cristiani), è il luogo ideale di quel dialogo che do­vrebbe far ritrovare la perduta unità.