ambrogio lorenzetti

Nella prima metà del XIV secolo operarono due fratelli, Pietro e Ambrogio Lorenzetti di Siena, morti probabilmente durante la peste del 1348. Il maggiore dei due, Pietro, dipinse nel 1329 la famosa Madonna di S. Ansano (Pinaco­teca di Siena). Maestoso e solenne vi appare il vescovo Nicola che, insieme a S. Antonio Aba­te, sta al lato della Vergine.
Più volte presente è invece la figura di S. Ni­cola nell'opera pittorica di Ambrogio Lorenz­etti che, pur essendo senese, grazie a due sog­giorni a Firenze, assimilò l'esperienza artistica fiorentina, e non soltanto giottesca. Quest'ulti­ma è particolarmente presente proprio nelle sto­rie di S. Nicola, provenienti dall'altare di S. Procolo (Firenze, Galleria degli Uffizi).
Pur senza raggiungere la sensibilità per la natura senese che si riscontra nel suo capolavo­ro, Il buono e cattivo Governo, le scene con le storie di S. Nicola eccellono per la complessità della concezione. Nella stessa tavola conflui­
scono momenti diversi dell'episodio, quasi si trattasse di una sacra rappresentazione. Ad esempio, nel Fanciullo strozzato si vede il soffocamento da parte del demonio, che poi sa­le le scale verso la stanza superiore. L'occhio dello spettatore procede sin dentro quella stan­za, per poi scendere alla stanza sottostante. Qui con audace creatività si vede il bambino morto a letto fra persone che pregano e piangono, e poi lo stesso bambino eretto che guarda trepi­dante attraverso una finestra il santo vescovo che lo sta risuscitando.
Molto presente è l'elemento architettonico anche nella scena delle Tre fanciulle. Il giovane Nicola si protende verso l'alto per gettare il de­naro dalla finestra. All'interno il padre sta mo­strando il dono alla prima figlia, mentre una dorme e un'altra sta guardando.
La Consacrazione a vescovo avviene duran­te una celebrazione liturgica. Nicola è preso per un braccio per essere condotto al luogo della celebrazione, ove un vescovo lo sta aspettando.
Anche il Miracolo del grano è ric­co di particolari. Sull'albero maestro delle navi si scorge la torretta di avvistamento, si notano numerosi stemmi delle città. A riva, sulla sini­stra, Nicola sta a guardare le operazioni di sca­rico del grano destinato ai miresi. In alto a de­stra due angeli stanno versando grano a loro volta, segno del miracolo che sta per compiersi. Dopo aver infatti scaricato tanto grano a Mira, le navi giunte a Costantinopoli verranno trovate con la stessa quantità di grano imbarcato ad Alessandria.
Ambrogio Lorenzetti dipinse il taumaturgo di Mira anche in altre occasioni. Abbiamo noti­zia, ad esempio, di frammenti del disperso po­littico delle Storie di S. Martino e di S. Nicola nella collezione Jarves di New Haven e al Lou­vre di Parigi.
Anche il massimo esponente dell'arte bolo­gnese del 300, Vitale da Bologna, si occupò di S. Nicola negli anni 1348/49 e precisamente nel duomo di Udine. Egli segnava una liberazione dagli schemi narrativi del modello toscano, per sperimentare le sue doti migliori, quelle di una creatività compositiva e cromatica. Il suo S. Giorgio che uccide il drago (Pinacoteca Nazio­nale di Bologna) è un esempio evidente di entu­siastica vitalità. Non vi sono personaggi "se­condari" nelle sue opere. Ognuno riesce a con­quistarsi uno spazio e una autonomia.
Questa vivacità si riscontra anche negli af­freschi di Udine. I personaggi delle Storie di S.
Nicolò sono tutti ben definiti. Forte il senso della drammaticità nelle figure sulla nave dopo che il bambino con la coppa è caduto in mare. Sulla destra invece i genitori, dopo aver messo sull'altare la coppa d'oro secondo il voto fatto a S. Nicola, si vedono restituire il figlio dal tau­maturgo di Mira. Se non fosse per il contesto marino, tuttavia, questa seconda scena potrebbe essere presa per il ritorno di Adeo­dato.
La scena della morte di S. Nicola si mantie­ne più nei canoni tradizionali, quelli cioè in cui l'inquadratura architettonica è molto presente. In alto Gesù tiene un libro aperto, segno del de­stino. Gli angeli ai lati sono pronti ad accoglie­re l'anima del santo. Nella stanza dove muore Nicola vi sono molti monaci, sacerdoti e diaco­ni che assistono il moribondo (non manca nep­pure qualcuno che si distrae a parlare col vici­no). Un vescovo legge le ultime preghiere, mentre Nicola spira serenamente.
Da notare che nella cattedrale di Udine di­pinse il coro jemale il Maestro dei Padiglioni. Tra i miracoli di S. Nicola da lui dipinti si scor­gono quello della risurrezione dei tre bambini e quello della guarigione di un malato. Nicola scende dall'alto vestito da vescovo. Tre donne al capezzale del malato, se non fosse per i loro lineamenti maturi, farebbero pensare all'episo­dio della carità alle fanciulle povere.