Il XIX secolo

Due documenti (del 1832 e 1842), tratti dal Melchiorre dal fondo “Priorato”, sono le prime testimonianze della processione a mare. Nel secondo di questi, ad esempio, è detto: Per inveterato religioso costume suole questa città e la mia Real Chiesa specialmente fare la commemorazione della Traslazione delle reliquie di S. Nicola da Myra a Bari ove riposano, figurando la venuta del Santo da mare, che viene poi al Molo ricevuto dalla Plebe cristiana, la quale in gran numero riceve una statua del Santo nel dì otto d’ogni mese di Maggio, che porta di giorno e di sera in Processione per la Città con immensi lumi e senza mai accadervi disturbo alcuno in effetto della somma divozione, che vi si tiene.
Da una successiva descrizione di Giulio Petroni nella sua Storia di Bari, si deduce che la festa a mare dell’8 maggio non era molto diversa da quella attuale, fatta eccezione ovviamente del tipo di luminarie. Su due battelli la statua di S. Nicola si staccava dalla spiaggia di S. Leonardo (all’altezza del Largo Adua), e dopo essere stato sul mare, sull’imbrunire rientrava a terra, continuando la processione fra due fila di marinai. Questi ultimi portavano giubetta di velluto nero, panciotto di panno lano scarlatto con parecchi ordini di bottoni d’argento pendenti, pantaloni di tela bianca con sciarpa di seta a vari colori stretta ne’ fianchi.
La suggestività della festa a mare colpì anche un pellegrino russo, Vladimir Mordvinov (nel 1874 o qualche anno prima), che lasciò questa descrizione: All’alba tutti si avvicinano al mare. Sul molo, con un ricco addobbo alla maniera degli altari cattolici, appare il clero di Bari e dei paesi vicini indossando i paramenti sacri. Su un palco appositamente preparato si dispongono le autorità civili e militari in uniforme. Il disco del sole emerge dalle lontane acque dorate del mare, e in lontananza, dall’oriente spunta appena visibile una flottiglia di piccole imbarcazioni. Sono le barche che, la sera precedente per tempo, hanno preso il largo senza farsi notare dagli abitanti. Ora, al mattino, tornano festosamente, riccamente ornate. Sulla barca principale è innalzata l’immagine di S. Nicola Taumaturgo, circondata dal clero. Si diffonde nell’aria un soave canto liturgico, al quale partecipano, quasi fosse un dialogo musicale, altri cantori ecclesiastici che si trovano a riva. L’arcivescovo con tutto il clero va incontro alla statua del Santo accogliendola sul molo, e la processione si snoda gradatamente dal mare verso le vie della città. Avanti vanno centinaia di bambini vestiti di bianco, che portano fiori. Dietro, in abiti simili a quelli dei monaci, migliaia di soci di varie congregazioni religiose di beneficenza. Colossale è la statua del Santo portata a spalla dai devoti, innumerevoli i cortei del clero recanti grandi candele in mano, al termine dei quali viene l’arcivescovo col suo seguito. Ondate di gente, crepitìo di mortaretti, spari, canti e musiche, al suono di tutte le campane dell’antica Bari e con lo scampanìo delle celebri campane della Basilica di S. Nicola. Tutte cose che formano un quadro commovente e solenne. Questa è l’impressione che si ricava dalla festa in onore del nostro amato Santo in quella lontana città straniera.
Negli anni ottanta del XIX secolo, forse anche in prossimità dell’8º Centenario della Traslazione, si cercò di accentuare l’aspetto organizzativo, introducendo anche la “caravella”. Ai primi del 1887, il Comitato popolare della festività del Centenario di S. Nicola fu insediato in una diecina di sottocommissioni con compiti specifici che andavano dalle finanze alla lotteria di beneficenza, dall’illuminazione e gli spettacoli pubblici alla fiera e al festival. Alcune commissioni ebbero il compito di curare gli alloggi, le trattorie, le regate, le musiche e persino la storiografia. Le feste avrebbero dovuto durare dal cinque maggio, inaugurate da 21 colpi di cannone, fino al cinque giugno, con la premiazione degli espositori alla fiera enologica.
Una finta barca o “caravella”, sulla quale dinanzi alla Basilica la sera del 7 maggio fu issato un vecchio quadro del Santo, fu trainata a braccia da una trentina di marinai in costume fino alla piazza Cavour. Li precedeva un vessillifero a cavallo con le insegne del comune. Il quadro, che sembra essere lo stesso impiegato in molte recenti edizioni del corteo storico (firmato Simplicius, e datato MDCXXVI), veniva poi collocato sull’altare del tempietto di piazza Mercantile.
L’8 maggio si tenne la tradizionale processione a mare, con sbarco e imbarco sulla spiaggia di S. Lorenzo, con la viva partecipazione dei pellegrini. E le feste continuarono il 9 e i giorni successivi. Il che però non vuol dire che si riuscisse a mantenere fede a tutti gli impegni e progetti. Alcune manifestazioni dovettero essere omesse, e qua e là affioravano le tracce di una organizzazione alquanto approssimativa. Tuttavia, non si può negare che quel centenario rappresentò un momento di spinta nella consapevolezza della cittadinanza. L’impulso dato in quell’anno, infatti, lasciò tracce anche negli anni successivi.