Il rientro a Bari e la deposizione delle reliquie
I marinai avevano cominciato a staccarsi dalla banchina del molo, quando videro arrivare i primi Miresi, nel frattempo avvertiti dai monaci bizantini. Alcuni di essi gridarono di lasciare almeno una parte delle reliquie, ma i Baresi risposero che avevano lasciato la manna e l’icona. Da lontano videro che uno dei monaci veniva malmenato, essendo i Miresi convinti che si era lasciato persuadere dietro compenso in denaro. Intanto le navi si allontanarono. Cominciava il viaggio di ritorno, che inizialmente fu tutt’altro che spedito. Le fonti attribuiscono la cosa al cattivo tempo, certo è che all’inizio si progredì ben poco. La notte di quella memorabile giornata la trascorsero in una località chiamata Caccavo (la vicina isola di Kekowa). All’alba ripartirono, giungendo all’isola di Maestra (Megiste), dopo di che in mare aperto il maltempo divenne sempre più di ostacolo alla navigazione. Senza aver fatto un lungo tragitto, furono costretti a ripiegare in direzione di Patara, la città che aveva dato i natali al Santo. Qui fu difficile anche l’attracco, ma non essendoci grande scelta e non potendo trattenersi, essendo ancora troppo vicini a Mira, ripartirono. Il vento e la tempesta intanto infuriavano, e furono costretti a riparare nel porto di Perdicca ove, sfiniti dalla fatica, cominciarono a sospettare che il Santo fosse tutt’altro che d’accordo con la loro impresa. Alcuni proposero addirittura di riportare le reliquie a Mira o a Patara. Altri avanzarono il sospetto che qualche marinaio avesse fatto il furbo e che si fosse appropriato di una parte delle reliquie. Le voci divennero concitate e cominciarono ad accusarsi l’un l’altro. I comandanti delle navi si accordarono allora sulla proposta di convocare tutti i partecipanti all’impresa e di fare giurare tutti sul Vangelo di non aver preso alcunché delle reliquie. Cinque marinai non ebbero il coraggio di giurare e confessarono di aver sottratto qualche pezzetto delle reliquie. Quando queste forono ricostituite nella loro integrità, finalmente andarono a dormire. All’alba la tempesta non c’era più e il vento era divenuto favorevole alla traversata, che riprese sotto i migliori auspici. Solcando velocemente le onde giunsero nel porto di Marciano (forse Makri). Alla ripresa del viaggio dopo questa sosta, si verificò un episodio che li rasserenò non poco. Uno dei marinai, Disigio, narrò di aver sognato S. Nicola, che gli avrebbe detto: Non abbiate timore, al termine di venti giorni di viaggio saremo insieme nella città di Bari. All’isola di Ceresano fecero tutti i rifornimenti, e soprattutto si provvidero di molta acqua. Così, dopo una traversata più lunga, giunsero a Milo, dove pernottarono. All’alba ripresero il largo. Anche quel giorno si verificò un episodio che infuse loro fiducia e coraggio. Un uccellino, che li aveva seguiti sin dal porto di Milo, volteggiava in continuazione attorno alla nave. Nicola, il figlio del capitano Alberto, allungò la mano, invitandolo ad avvicinarsi. L’uccellino, dopo un po', andò davvero a posarsi sul palmo della sua mano, dopo di che spiccando il volo andò a posarsi ove erano depositate le reliquie. Sollevatosi nuovamente in volo, seguì ancora per alcuni attimi la nave, quindi scomparve. Altre soste fecero all’isola di Stafnu (Bonapolla), quindi negli importanti porti di Geraca e della città di Monemvasia sulla costa orientale del Peloponneso. Circumnavigando la parte meridionale del Peloponneso, giunsero a Methone, dove fecero il secondo notevole rifornimento. Ma prima di puntare su Bari fecero ancora una sosta, a Sukea (forse una rada dell’isola di Cefalonia). Infine, la traversata per raggiungere l’Italia. Quando giunsero a quattro o cinque miglia da Bari, e precisamente all’altezza di S. Giorgio, decisero di trascorrere la notte in una insenatura della costa. Al mattino della domenica del 9 maggio 1087 alcune barche si avvicinarono ed appresero la notizia, correndo ovviamente ad informare i Baresi dell’arrivo delle navi e del sacro carico. Intanto, a S. Giorgio, le ossa del Santo furono riposte in una cassa di legno ricoperta di preziose stoffe comprate ad Antiochia. Dopo di che, procedendo lentamente, coprirono la breve distanza che li separava dal porto di Bari, entrandovi nel pomeriggio di quel giorno, mentre la folla si era già accalcata per assistere a quell’evento straordinario.