Il furto delle reliquie di un santo famoso
Con quella mirabile sintesi di interessi che solo il medioevo ha saputo esprimere, nella popolazione barese si incontrarono l’intraprendenza religiosa e quella mercantile. Il furto delle reliquie di un santo famoso avrebbe dato a Bari una dignità religiosa che ancora non aveva (l'arcivescovo continuava a chiamarsi di Canosa e di Bari) e avrebbe suscitato un movimento di pellegrinaggi, che per quei tempi equivaleva a ciò che oggi è il turismo religioso.
La scelta di S. Nicola fu abbastanza naturale. A Bari, dopo quello di Giovanni, il nome più diffuso era Nicola (già vi erano tre o quattro chiese in suo onore). D’altra parte, dove riposava il corpo di S. Nicola (Mira, in Asia Minore) ormai imperversavano i Turchi, e quindi i Baresi non potevano essere accusati di averlo rapito ai cristiani orientali. Inoltre, Mira si trovava su una rotta frequentemente seguita dalle navi baresi dirette in Siria, e pertanto non era necessario organizzare un’apposita spedizione, ma poteva essere inserita in un’operazione commerciale. Senza dire che allora S. Nicola era già il santo numero uno del calendario cristiano, e che quindi la presenza del suo corpo a Bari avrebbe garantito numerosi pellegrinaggi.
Con il potere politico assente, il mondo mercantile barese seppe trovare un’idea che unificava gli interessi di tutti, dal clero ai mercanti ai marinai. Fu così che, nei primi mesi del 1087, tre navi cariche di grano ed altri prodotti agricoli si accinsero a salpare come al solito alla volta della Siria. Probabilmente già nella piazza e nelle corti di Bari si era accennato alla possibilità del rapimento delle reliquie, ma non c’era stato un vero progetto. Su questo Niceforo è esplicito: l’ispirazione venne ad alcuni saggi ed illustri baresi che erano partiti per Antiochia con le loro navi cariche di grano e di altre merci.
Secondo un’altra delle fonti (La leggenda di Kiev, testo russo del 1094 circa), l’idea venne ad un santo sacerdote barese (nel quale qualcuno ha voluto vedere l’abate Elia). In sogno gli sarebbe apparso S. Nicola, chiedendogli di convocare il clero ed il popolo della città e di comunicare loro la sua volontà di venire a risiedere in questa città. Sotto questo stile agiografico si può scorgere un accordo fra cittadini e clero in modo da portare avanti un’impresa che vedesse la cittadinanza concorde. E’ comunque difficile dire se gli abitanti fossero tutti informati dell’impresa. Probabilmente no, in quanto un’eccessiva pubblicità avrebbe potuto nuocere alla sua riuscita.
La scelta di S. Nicola fu abbastanza naturale. A Bari, dopo quello di Giovanni, il nome più diffuso era Nicola (già vi erano tre o quattro chiese in suo onore). D’altra parte, dove riposava il corpo di S. Nicola (Mira, in Asia Minore) ormai imperversavano i Turchi, e quindi i Baresi non potevano essere accusati di averlo rapito ai cristiani orientali. Inoltre, Mira si trovava su una rotta frequentemente seguita dalle navi baresi dirette in Siria, e pertanto non era necessario organizzare un’apposita spedizione, ma poteva essere inserita in un’operazione commerciale. Senza dire che allora S. Nicola era già il santo numero uno del calendario cristiano, e che quindi la presenza del suo corpo a Bari avrebbe garantito numerosi pellegrinaggi.
Con il potere politico assente, il mondo mercantile barese seppe trovare un’idea che unificava gli interessi di tutti, dal clero ai mercanti ai marinai. Fu così che, nei primi mesi del 1087, tre navi cariche di grano ed altri prodotti agricoli si accinsero a salpare come al solito alla volta della Siria. Probabilmente già nella piazza e nelle corti di Bari si era accennato alla possibilità del rapimento delle reliquie, ma non c’era stato un vero progetto. Su questo Niceforo è esplicito: l’ispirazione venne ad alcuni saggi ed illustri baresi che erano partiti per Antiochia con le loro navi cariche di grano e di altre merci.
Secondo un’altra delle fonti (La leggenda di Kiev, testo russo del 1094 circa), l’idea venne ad un santo sacerdote barese (nel quale qualcuno ha voluto vedere l’abate Elia). In sogno gli sarebbe apparso S. Nicola, chiedendogli di convocare il clero ed il popolo della città e di comunicare loro la sua volontà di venire a risiedere in questa città. Sotto questo stile agiografico si può scorgere un accordo fra cittadini e clero in modo da portare avanti un’impresa che vedesse la cittadinanza concorde. E’ comunque difficile dire se gli abitanti fossero tutti informati dell’impresa. Probabilmente no, in quanto un’eccessiva pubblicità avrebbe potuto nuocere alla sua riuscita.