Conquista normanna e crisi commerciale
La storia di Bari non comincia con S. Nicola. Ricordata da Orazio e da Tacito, dopo un lungo periodo di anonimato, la città si svegliava improvvisamente nel IX secolo grazie al trentennio (841-871) di dominio saraceno, durante il quale consolidò il commercio con la Siria e l’Egitto. La riconquista francobizantina la rese prima sede dello stratega bizantino e poi dal 968 residenza dello stesso catepano, il luogotenente dell’imperatore nel tema di Longobardia, vale a dire nell’Italia meridionale. In questo secolo in cui Bari fu la capitale dell’Italia meridionale si distinsero i catepani Basilio Mesardonita, che nel 1011 riconquistò la città strappandola al ribelle Melo, e Basilio Bojoannes, autore della più vasta restaurazione bizantina nel Sud.
Nel 1071 la città fu conquistata dai Normanni, che da oltre mezzo secolo avevano combattuto come mercenari, e che dal 1053, con la grande vittoria di Civitate contro le forze papali e bizantine, avevano preso coscienza della loro forza. Residenza del conquistatore Roberto il Guiscardo divenne alcuni anni dopo Salerno, anche dopo che nel gennaio del 1072 col fratello aveva conquistato Palermo.
Bari, che era considerata la città più ricca del Sud, si trovò improvvisamente spiazzata, col rischio fra l’altro di perdere i mercati mediorientali. L’intraprendente borghesia cittadina dovette varare diversi progetti per uscire dalla difficile situazione. Quello che poi fu effettivamente realizzato fu il furto delle reliquie di S. Nicola, un’impresa che avrebbe almeno equilibrato la perdita del ruolo di capitale. Operazioni di questo tipo erano frequenti nel medioevo - basti pensare a S. Marco da parte dei Veneziani o a S. Andrea da parte degli Amalfitani - e solitamente ottenevano l’effetto sperato, non soltanto cioè di dare compattezza alla cittadinanza stessa attorno ad un simbolo sacro, ma anche di attirare i forestieri ed incentivare il commercio.
Trascurata alquanto dal potere politico, il cui centro si era spostato sul Tirreno, la città fu finalmente libera di esprimersi, riuscendo a ritrovare al suo interno idee nuove e uomini in grado di realizzarle. Non vi furono grandi personalità, tanto è vero che il Curcorio che commissionò a Niceforo il racconto sulla traslazione delle reliquie, non ci è noto da altri documenti (se non per via ipotetica). C’era però una ben compatta classe mercantile, consapevole delle proprie potenzialità. Se aveva perduto il prestigio politico, la città non era affatto disposta a giocare un ruolo di secondo piano.
Nel 1071 la città fu conquistata dai Normanni, che da oltre mezzo secolo avevano combattuto come mercenari, e che dal 1053, con la grande vittoria di Civitate contro le forze papali e bizantine, avevano preso coscienza della loro forza. Residenza del conquistatore Roberto il Guiscardo divenne alcuni anni dopo Salerno, anche dopo che nel gennaio del 1072 col fratello aveva conquistato Palermo.
Bari, che era considerata la città più ricca del Sud, si trovò improvvisamente spiazzata, col rischio fra l’altro di perdere i mercati mediorientali. L’intraprendente borghesia cittadina dovette varare diversi progetti per uscire dalla difficile situazione. Quello che poi fu effettivamente realizzato fu il furto delle reliquie di S. Nicola, un’impresa che avrebbe almeno equilibrato la perdita del ruolo di capitale. Operazioni di questo tipo erano frequenti nel medioevo - basti pensare a S. Marco da parte dei Veneziani o a S. Andrea da parte degli Amalfitani - e solitamente ottenevano l’effetto sperato, non soltanto cioè di dare compattezza alla cittadinanza stessa attorno ad un simbolo sacro, ma anche di attirare i forestieri ed incentivare il commercio.
Trascurata alquanto dal potere politico, il cui centro si era spostato sul Tirreno, la città fu finalmente libera di esprimersi, riuscendo a ritrovare al suo interno idee nuove e uomini in grado di realizzarle. Non vi furono grandi personalità, tanto è vero che il Curcorio che commissionò a Niceforo il racconto sulla traslazione delle reliquie, non ci è noto da altri documenti (se non per via ipotetica). C’era però una ben compatta classe mercantile, consapevole delle proprie potenzialità. Se aveva perduto il prestigio politico, la città non era affatto disposta a giocare un ruolo di secondo piano.