La persecuzione in Licia

Con ogni probabilità l’elezione episcopale di Nicola avvenne durante la persecuzione di Diocleziano, intendendo con questo anche il periodo successivo al ritiro di Diocleziano. Come è noto, questo imperatore, per oltre una quindicina d’anni era stato abbastanza favorevole ai cristiani, tanto che ne aveva  alcuni a corte e addirittura tra i familiari. Nel 302 però prestò ascolto ad alcuni sacerdoti pagani che accusarono i cristiani di disturbare i riti di divinazione e poi di aver appiccato il fuoco al palazzo imperiale. Spinto dal suo consigliere Ierocle, come pure dal suo cesare Galerio, Diocleziano ordinò la «morte civi­le» dei cristiani, facendoli estromettere da tutti i pubblici uffici, ordinando di consegnare tutte le loro scritture e abbattere i loro luoghi di culto. Dopo pochi mesi seguì un altro decreto per il quale tutti i vescovi e i sacerdoti, pena il carcere, dovevano sacrificare agli dèi. Infine,  ai primi del 303 ordinava che tutti i cristiani dell'impero dovevano sacrificare o morire. Si scatenava così una delle più violenti persecuzioni che scosse l'impero, ad eccezione delle Gallie e della Bretagna ove comandava il cesare Costanzo. Scrive Eusebio:
Lo spettacolo di ciò che allora avvenne è superiore ad ogni descrizione. Innumerevo­li stuoli di persone erano dovunque messi in prigione e le carceri di ogni luogo prima preparate per gli assassini e per i violatori dei sepolcri erano poi piene di vescovi, di sacerdoti, di diaconi, di lettori, di esorcisti, di modo che non vi rimaneva spazio per coloro che erano condannati a causa di delitti commessi2.
All'abdicazione di Diocleziano e Massimiano (305), divennero augusti Costanzo in Occidente e Galerio in Oriente, rispettivamente con cesari Severo e Massimino Daia. Ma le cose non si rivelarono così semplici, perché alla morte di Costanzo Cloro i pretoriani proclamarono augusto Massenzio  (figlio del vecchio Massimiano), mentre le legioni delle Gallie proclamavano  Costantino (figlio di Costanzo). Toccò a Massenzio nel 307 far fuori Severo. Con all’orizzonte una guerra fra Costantino e Massenzio, Diocleziano e Massimiano benché dimissionari organizzarono un congresso a Carnunto, ove si stabilì che augusti sarebbero stati Galerio e Licinio, cesari Massimino e Costantino. La situazione diveniva così ancor più esplosiva perché con Licinio si inseriva un nuovo pretendente e per di più col titolo di augusto (ma che aveva soltanto l’Illirico sotto il suo controllo). Mentre, sia Costantino che Massimino non si consideravano semplicemente cesari, ma augusti. Intanto nel 311 si ammalò Galerio, per cui si affrettò a sospendere la persecuzione per avere la guarigione dal Dio dei cristiani, ma morì ugualmente. Massimino prese il potere in Oriente e Licinio si accordò con lui. Rimaneva il problema dell’augusto in occidente, per cui la guerra fra Massenzio e Costantino divenne inevitabile. Nel 312 ne uscì vincitore Costantino.
Durante tutto questo incessante capovolgimenti di fronte, la persecuzione in oriente non si era arrestata. In occidente invece si era calmata perché sia Massenzio che Costantino non nutrivano alcuna ostilità verso i cristiani. La terra di San Nicola però era sotto la giurisdizione dell’augusto Massimino, come del resto tutta l’Asia Minore, la Siria e l’Egitto. Le prime biografie nicolaiane non parlano di una persecuzione a Mira. Di conseguenza fino a qualche tempo fa ci si rifaceva a fonti molto tarde, come i sinassari costantinopolitani (900 c. dC) e la Vita di San Nicola di Simeone Metafraste (960 c. dC). Una certa probabilità che anche Mira fosse stata colpita dalla persecuzione derivava dal fatto che nel 311 morì martire Metodio di Patara, o di Olimpo, città molto vicine a Mira.
Una recente scoperta archeologica però ha fatto propendere la bilancia verso un alto grado di probabilità se non proprio di certezza assoluta che anche Mira e quindi San Nicola abbia dovuto subire la persecuzione. Si tratta di una lastra di pietra con una lunga iscrizione in greco e latino datata 312 dC. Il testo è una risposta alla popolazione pagana della Licia e della Panfilia che esortava l’imperatore Massimino a perseguitare i cristiani della regione. Massimino, con questo rescritto, dava ordine che in Licia dovevano essere applicate le disposizioni di Diocleziano contro i cristiani. Di conseguenza, se prima ci potevano essere dei dubbi, questi vengono dissolti dalla suddetta iscrizione lapidea. Quasi certamente dunque nel 312 Nicola dovette finire in carcere. I dettagli non li possiamo conoscere, perché nessuno scrittore prima del 900 dC. ne parla. Potrebbe tuttavia anche essere riuscito a nascondersi, come avevano fatto S. Cipriano di Cartagine e S. Dionigi di Alessandria nel 250. Per cui dovette rimanere in clandestinità o in carcere fino all’estate del 313, quando con la morte di Massimino la persecuzione perdette di intensità.