Il tempo in cui Nicola visse. L'infanzia

Il primo riferimento cronologico all’esistenza terrena di S. Nicola viene dalla Vita (Βιος) cui per due volte fa riferimento Eustrazio di Costantinopoli, un autore che nel 583 aveva scritto il trattato Confutazione di coloro che dicono che le anime dopo la morte non agiscono.  Per provare la sua tesi Eustrazio riporta l’episodio di Nicola che, per salvare i generali bizantini suoi devoti, appare all’imperatore Costantino senza muoversi da Mira.
     Nel relativo brano, la cui autenticità nessuno mette in dubbio, e che pone l’esistenza di San Nicola al tempo di Costantino, si incontrano queste due espressioni:
1.- Λεγει γαρ εν τω βιω αυτου ταδε (Si dice infatti nella sua Vita quanto segue)
2.- Δη δε  υμας  επισκεψασθε, πως απεφανθηζας συμφωνοις οτε συνγραψας  τον Βιον του Αγιου και αυτος  δε  ο Αγιος (Dovreste poi considerare prima di tutto come si accordano bene colui che scrisse la Vita del Santo ed il Santo stesso).
      Tali espressioni parlano di una Vita di San Nicola circolante ancora nel VI secolo, nota ad Eustrazio, ma non menzionata da alcun altro autore. Di questa Vita egli riporta un lungo brano che gli serve per argomentare la sua tesi sullo stato delle anime dopo la morte.
 
     Con una certa leggerezza sia l’Anrich che i Bollandisti, pur riconoscendo l’autenticità del testo, hanno sostenuto che il racconto in questione, noto come Praxis de stratelatis, possa essere stato composto nel VI secolo (all’epoca quindi di Giustiniano invece che di Costantino). Sarebbe stato sufficiente approfondire la struttura dell’opera di Eustrazio per accorgersi non solo che l’opera non può essere posteriore al V secolo, ma che è molto più ragionevole datarla al IV secolo. E questo semplicemente perché, per comune convinzione degli studiosi, Eustrazio è uno scrittore molto accurato nelle citazioni, e molto attento a produrre citazioni autorevoli a sostegno della sua tesi. E’ impossibile quindi in uno scrittore simile un errore addirittura di 200 anni. Senza dire che, se lo scritto fosse stato composto solo 30 anni prima, la sua argomentazione avrebbe perso ogni valore, cosa che come si è detto non si verifica nella sua opera. Non resta che concludere dunque che, senza alcuna ombra di dubbio, Nicola è vissuto al tempo di Costantino il Grande (306-337).
 
     Detto ciò, bisogna riconoscere che dell’infanzia di Nicola non si conoscono episodi che possano vantare una qualche base documentaria. Il santo biografo Michele Archimandrita, che viveva nell’VIII secolo, non si scoraggiò. Aveva su Nicola un dato importante, il suo essere divenuto vescovo, e ciò era più che sufficiente ad impostare il discorso dell’infanzia di Nicola.
Essendo destinato ad un glorioso episcopato, avrebbe dovuto rivelarsi impegnato sulla via della perfezione sin dai primi anni, anzi fin dalla nascita.  E la perfezione, ovviamente, era raggiungibile solo attraverso gli atti di penitenza comuni nell'ambito della vita monastica cui apparteneva lo stesso Michele Archimandrita, il che non significa che sia stato lui ad inventare l'episodio che segue.  Con ogni probabilità, anch'esso è parte di quella vasta tradizione orale che ha preceduto la sua biografia.  Ma non è impossibile che questa tradizione sia nata proprio in ambiente monastico. Ecco il testo di Michele:
 
Dopo che Nicola fu santificato da Dio sin dal grembo materno, cominciò come tutti i bambini a succhiare dalle mammelle della madre.  E Dio, come spesso fa con i suoi servi che ha predestinato, con un prodigio volle rivelare il significato della futura vita del grande Nicola.  Infatti, succhiando alle mammelle della madre, come fanno i bambini, mentre negli altri giorni della settimana lo faceva normalmente, al mercoledì e al venerdì prendeva il latte una sola volta per l'intera giornata e ad una data ora.  Così quel beato si atteneva al canone sacerdotale sin dai primi alimenti, rivelandosi già allora abitacolo di vita pura e santa.  Come dice infatti laScrittura:«Il figlio giusto nasce per la vita»
 
    Secondo una visione comune all’epoca dei padri, l'agiografo inquadra l'infanzia del Santo in termini di predestinazione divina. Il fatto però che S. Nicola sia predestinato a grandi cose, e che Dio conosca le varie tappe della sua vita, non vuol dire che la causa dei vizi e delle virtù sia nella prescienza di Dio.  Il Signore conosce ciò che faremo, ma non è lui a promuovere le nostre azioni.  Dietro la scelta di questo o quell'atto c'è la libera volontà dell'uomo.
 
  Il Signore conosce tutte le cose prima che accadano.  Essendo Dio, sapeva della perfetta vita angelica che Nicola avrebbe condotto con perseveranza e di come sarebbe stato fermo nel custodire i suoi comandamenti.  Per questo motivo lo avrebbe onorato con la dignità episcopale per la salvezza di molti, lo avrebbe reso celebre sin dalle fasce a coloro che capivano per il suo modo di vivere singolare, e avrebbe comprovato con segni tangibili che era consacrato a Dio sin da quando si nutriva tra le braccia della madre.
 
Molti agiografi, specialmente dopo la fusione e confusione del S. Nicola del IV secolo con un omonimo monaco del VI secolo, parlarono dei suoi genitori Epifanio e Nonna (altri dicono Teofane e Giovanna), e di come questi facessero educare il ragazzo da uno zio archimandrita, come andasse a scuola e come entrasse nella vita religiosa. Tutte cose, ovviamente, che pur vere, nulla hanno a che fare col Nicola di Mira. Perfino il fatto che i genitori fossero cristiani non poggia su alcunché di solido. Il brano di Michele Archimandrita più che una storia in questo caso vuole essere un’esortazione spirituale.
 
    Il mirabile giovinetto fu educato ed istruito coscienziosamente secondo le usanze dei suoi genitori.  Si asteneva da qualsiasi partecipazione alla vita pubblica o ad attività economiche.  Si teneva lontano dalla compagnia e dalle consuetudini di persone immorali o sfrenate.  Rimosse completamente dal suo cuore e dai suoi occhi gli amori femminili e gli spettacoli dei teatri, avendo cura della sua continenza.  Detestava i passatempi inutili e i cattivi consigli dei vagabondi come cose dannose alla virtù che ci riconcilia a Cristo.  Non abbandonava mai la chiesa, e la chiesa era per lui ristoro e conforto come lo è il nido per le tortore.  La sua mente era illuminata da insegnamenti giorno per giorno, nella direzione di una pietà pura ed autentica.  Con la sua elevazione spirituale mantenne sempre viva la lampada della verginità, nutrendola  specialmente con l'olio della generosità operosa.
 
     Certo, non vi sono neppure elementi per negare un quadro così edificante. Tuttavia la descrizione è troppo nei canoni di un'esortazione pedagogica ai giovani del tempo. Appare poi molto improbabile che a Patara ci fosse già qualche chiesa cristiana ai tempi del giovane Nicola.  L'astensione da tutto ciò che fosse attività e vita pubblica mal si concilia infine col carattere attivo ed energico che Nicola rivelerà più tardi.  Michele Archimandrita lo descrive più da un'angolazione monastica, per la quale Nicola si presenta come un giovane ritirato in sé stesso e che non solo fugge dalle attrazioni del mondo ma dal mondo stesso.  Ora, a meno di un cambiamento radicale in età matura, alquanto improbabile, il giovane Nicola doveva essere sveglio e deciso.  Infine, l'agiografo presenta il nostro Santo come non sposato.  Purtroppo anche su questo punto non vi sono elementi sufficienti negli altri episodi da fare inclinare la bilancia in un senso o nell'altro. I racconti che ci sono giunti non entrano mai nello stato personale di Nicola e, a parte l'episodio delle tre fanciulle, sono tutti riguardanti il periodo del suo episcopato.
    A motivo di questa carenza di dati sulla giovinezza di Nicola e per non venir meno al loro intento educativo, alcuni scrittori (specie dal X secolo in poi) attinsero elementi ed episodi dalla vita di un altro Nicola, pressoché sconosciuto sul piano della notorietà devozionale popolare, ma con una vita decisamente più definita e più costellata di “fatti”. «Prestiti» dalla vita del Nicola monaco sono nel nostro caso il miracolo del bambino che appena nato, mentre viene lavato, si ferma per due ore in piedi a pregare nel catino, il suo andare a scuola con risultati eccezionali di apprendimento, la sua ordinazione diaconale e sacerdotale.