P. Santoro, Aldo Moro e la Fuci di Bari
Un capitolo a parte rappresenta il singolare rapporto di P. Pio Scognamiglio con la Basilica di San Nicola. Particolarmente sensibile ad allacciare rapporti con gli ecclesiastici che lavoravano in campi affini a quelli coltivati nell’esperienza domenicana, si è già detto di come coinvolse il più inflente dei canonici di San Nicola Francesco Nitti di Vito nei festeggiamenti per il centenario di San Domenico (1922) e Carmine de Palma, divenuto nel frattempo terziario domenicano, nelle celebrazioni in onore di Sant’Alberto Magno.
Seppe coniugare il suo grande amore per l’Ordine con la realtà ecclesiale locale. Quindi la sua attività intellettuale si mosse tra questi due poli, San Domenico e San Nicola. Per meglio esprimere questa sua vocazione alla diffusione della verità attraverso le più belle pagine della storia domenicana, fondò nel 1925 la rivista San Domenico nel Mezzogiorno d’Italia. Con sua grande amarezza nel 1930 dovette interromperla per mancanza di fondi. Lo stesso anno che fondava la rivista pubblicava il primo testo nicolaiano: La Manna di S. Nicola nella storia, nell’arte, nella scienza (Bari 1925). L’opera era nata dal contatto con la Vita del santo da lui studiata al fine di meglio impostare le sue prediche nella Basilica di San Nicola. Gli inviti in tal senso da parte del gran priore Nicola Savinetti gli avevano dato occasione di intrattenersi con lui e così venne l’idea del libro sulla manna. Del resto, il fenomeno della manna (l’acqua che si forma nell’urna che conserva le ossa di San Nicola) lo aveva sempre attratto. Lo Scognamiglio non temeva di affrontare questioni difficili, anche se la sua risposta (anche quando parlava di scienza) era quella dell’uomo di fede. Egli era convinto tuttavia che il suo lavoro era fatto con criterio razionale e con la logica inflessibile dei fatti. In appendice riportava vari documenti. Importanti i risultati del laboratorio di chimica dell’università di Bari sulla composizione chimica della manna. Certamente, trattasi di analisi datate, ma al momento non solo sono le uniche in nostro possesso, ma sono anche una testimonianza di un’epoca. Ed infatti l’opera incontrò i favori del pubblico, almeno a giudicare dalle recensioni su vari giornali italiani.
Mentre era occupato alla redazione di S. Domenico nel Mezzogiorno d’Italia, non volle abbandonare la figura di San Nicola. Fu così che nel 1930 apparve la sua Vita di S. Nicola di Bari, Roma 1930. Anche in questo caso manifestò l’intento di non raccontare le infinite tradizioni del Santo, perché in molti fatti della sua vita la storia e la fantasia si confondono con proporzioni mal sicure, mi limiterò a dire di lui quanto può reggere al giudizio di una critica sana e imparziale. Considerando i tempi in cui scriveva, ebbe la felice intuizione a non rifarsi agli storici devozionali (specialmente italiani), ma a l’abbé Marin, autore che, senza fare sue le conclusioni eccessivamente critiche di Gustav Anrich (autore dell’Hagios Nikolaos), procede comunque ad un’opera critica che relega numerosi episodi nel mondo delle leggende.
Tre anni dopo, riprendendo la tematica domenicana, Scognamiglio pubblicava Padre Fontanarosa (Bari 1933), la figura di un domenicano predicatore che gli era abbastanza congeniale. Ancora felice sintesi di storia locale e di realtà domenicana era poi il volume Vita di Mons. Fr. Tommaso Ruffo O.P., Arcivescovo di Bari (Bari 1939).
Sia nei libri che nelle prediche nella Basilica di San Nicola, P. Pio era in piena sintonia con l’ideale del ritorno degli ortodossi alla chiesa romana. Era molto sensibile al dramma dei russi in Unione Sovietica, e la sua speranza che il ritorno sotto la guida dell’unico pastore, il papa di Roma, fosse foriero anche di un’epoca nuova e di libertà per tutta la Russia.
Ecco come l’anonimo cronista di S. Francesco, nella stessa pagina in cui registrava la conclusione del priorato di P. Enrico Saliani (15 aprile 1953), concludeva al 6 maggio il necrologio di P. Pio Scognamiglio:
Devotissimo di San Nicola ha lavorato nella dolce speranza di vedere i nostri Padri alla custodia del Santuario. Il suo sogno si è avverato, ma purtroppo non ha potuto goderne la realizzazione perché in questi ultimi tempi, la nebbia della paralisi gli aveva offuscato quell’intelligenza che tanta luce aveva diffuso per la salvezza delle anime[1].
E’ poco probabile che lo Scognamiglio potesse sognare l’arrivo dei domenicani a S. Nicola, se non dopo il 1945, dopo la morte cioè dell’ultimo gran priore. Tuttavia si spera che il Signore gli abbia dato almeno qualche breve sprazzo di lucidità per godere quell’evento di cui egli, più d’ogni altro, aveva posto le premesse.
Seppe coniugare il suo grande amore per l’Ordine con la realtà ecclesiale locale. Quindi la sua attività intellettuale si mosse tra questi due poli, San Domenico e San Nicola. Per meglio esprimere questa sua vocazione alla diffusione della verità attraverso le più belle pagine della storia domenicana, fondò nel 1925 la rivista San Domenico nel Mezzogiorno d’Italia. Con sua grande amarezza nel 1930 dovette interromperla per mancanza di fondi. Lo stesso anno che fondava la rivista pubblicava il primo testo nicolaiano: La Manna di S. Nicola nella storia, nell’arte, nella scienza (Bari 1925). L’opera era nata dal contatto con la Vita del santo da lui studiata al fine di meglio impostare le sue prediche nella Basilica di San Nicola. Gli inviti in tal senso da parte del gran priore Nicola Savinetti gli avevano dato occasione di intrattenersi con lui e così venne l’idea del libro sulla manna. Del resto, il fenomeno della manna (l’acqua che si forma nell’urna che conserva le ossa di San Nicola) lo aveva sempre attratto. Lo Scognamiglio non temeva di affrontare questioni difficili, anche se la sua risposta (anche quando parlava di scienza) era quella dell’uomo di fede. Egli era convinto tuttavia che il suo lavoro era fatto con criterio razionale e con la logica inflessibile dei fatti. In appendice riportava vari documenti. Importanti i risultati del laboratorio di chimica dell’università di Bari sulla composizione chimica della manna. Certamente, trattasi di analisi datate, ma al momento non solo sono le uniche in nostro possesso, ma sono anche una testimonianza di un’epoca. Ed infatti l’opera incontrò i favori del pubblico, almeno a giudicare dalle recensioni su vari giornali italiani.
Mentre era occupato alla redazione di S. Domenico nel Mezzogiorno d’Italia, non volle abbandonare la figura di San Nicola. Fu così che nel 1930 apparve la sua Vita di S. Nicola di Bari, Roma 1930. Anche in questo caso manifestò l’intento di non raccontare le infinite tradizioni del Santo, perché in molti fatti della sua vita la storia e la fantasia si confondono con proporzioni mal sicure, mi limiterò a dire di lui quanto può reggere al giudizio di una critica sana e imparziale. Considerando i tempi in cui scriveva, ebbe la felice intuizione a non rifarsi agli storici devozionali (specialmente italiani), ma a l’abbé Marin, autore che, senza fare sue le conclusioni eccessivamente critiche di Gustav Anrich (autore dell’Hagios Nikolaos), procede comunque ad un’opera critica che relega numerosi episodi nel mondo delle leggende.
Tre anni dopo, riprendendo la tematica domenicana, Scognamiglio pubblicava Padre Fontanarosa (Bari 1933), la figura di un domenicano predicatore che gli era abbastanza congeniale. Ancora felice sintesi di storia locale e di realtà domenicana era poi il volume Vita di Mons. Fr. Tommaso Ruffo O.P., Arcivescovo di Bari (Bari 1939).
Sia nei libri che nelle prediche nella Basilica di San Nicola, P. Pio era in piena sintonia con l’ideale del ritorno degli ortodossi alla chiesa romana. Era molto sensibile al dramma dei russi in Unione Sovietica, e la sua speranza che il ritorno sotto la guida dell’unico pastore, il papa di Roma, fosse foriero anche di un’epoca nuova e di libertà per tutta la Russia.
Ecco come l’anonimo cronista di S. Francesco, nella stessa pagina in cui registrava la conclusione del priorato di P. Enrico Saliani (15 aprile 1953), concludeva al 6 maggio il necrologio di P. Pio Scognamiglio:
Devotissimo di San Nicola ha lavorato nella dolce speranza di vedere i nostri Padri alla custodia del Santuario. Il suo sogno si è avverato, ma purtroppo non ha potuto goderne la realizzazione perché in questi ultimi tempi, la nebbia della paralisi gli aveva offuscato quell’intelligenza che tanta luce aveva diffuso per la salvezza delle anime[1].
E’ poco probabile che lo Scognamiglio potesse sognare l’arrivo dei domenicani a S. Nicola, se non dopo il 1945, dopo la morte cioè dell’ultimo gran priore. Tuttavia si spera che il Signore gli abbia dato almeno qualche breve sprazzo di lucidità per godere quell’evento di cui egli, più d’ogni altro, aveva posto le premesse.
[1] Libro della Cronaca, post c. 136, alla data 6 maggio 1953.
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